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Copertina Libro – da una foto alla veste grafica del nuovo thriller

Copertina Libro

Eccomi al lavoro sulla nuova copertina libro. Ho sempre pensato che la copertina sia parte integrale del processo creativo di un romanzo. La copertina libro è il punto di “primo contatto” con chi legge, è quella che ti fa allungare la mano verso lo scaffale, che ti guarda dal comodino la sera, che poi resterà là nella tua libreria. In realtà la copertina libro difficilmente è sotto il controllo di un autore. Ho conosciuto editori che reclamavano per sé ogni diritto di scegliere grafica, immagine, contenuti. Della serie “L’autore si preoccupi di scrivere la storia, il resto è solo dell’editore”. Certo, ogni casa editrice ha la sua linea grafica, le sue regole di collana, la sua impronta “visiva” da imprimere al libro. E’ giusto, ma per me, appassionato di foto e grafica, sarebbe una sofferenza non poter esser parte attiva anche nel processo creativo della “confezione esterna” del nuovo libro.

Con NON TI SVEGLIARE ho avuto la fortuna di avere un editore – CIESSE – che ha acconsentito a farmi collaborare e la grafica della copertina libro l’avevamo elaborata assieme, partendo da una foto scattata da me. Ora, avendo deciso per questo nuovo romanzo di percorrere la via della pubblicazione indipendente su Amazon (ci torneremo e vi spiegherò perché)  devo fare tutto da solo. Se per qualcuno può essere un problema, per me è una fortuna e un divertimento.

Il soggetto per la copertina libro che avevo in mente da tempo è una casa abbandonata, che ricorre spesso nei miei scatti, tanto che l’ho proposta qualche volta anche nelle presentazioni di NON TI SVEGLIARE: sul lato opposto campeggia la scritta “VENETO STATO” con la N rovesciata… se qualcuno si ricorda :). La foto alla fine che ho scelto è quella per l’ultimo capitolo del progetto 1=1. Fa parte di una serie che ho scattato una domenica mattina di nebbia durante un giro in MTB

Perché quella casa? Beh, una casa abbandonata è il centro narrativo di una parte del libro… e c’è anche un grande albero, che sono riuscito a far stare nella quarta di copertina. Ma questo riguarda la storia, o meglio la sinossi, su cui sto ancora lavorando. A presto.

 

Capitolo 62 – La storia è conclusa.

Capitolo-62- storia conclusa

“Perché vedi, tutto quello che ci è successo in qualche modo è partito là. Una catena di eventi che ci ha portati qui, ora.”

Ecco, ci siamo, storia conclusa. Ieri notte ho chiuso il nuovo romanzo e lanciato il libro in stampa. Il rush finale è avvenuto durante il ponte del 25 Aprile, per fortuna ha piovuto e in una nonstop di quattro giorni ho portato a termine l’editing finale. In realtà avevo scritto quest’ultimo capitolo già ai primi giorni dell’anno. Sono seguite poi due profonde revisioni che hanno ridotto la prima stesura da 540 pagine alle 400 finali (il medesimo numero di NON TI SVEGLIARE, il diavolo si vede nei dettagli eheheh), ho tagliato, snellito, velocizzato, eliminato ogni avverbio, ogni parola che non fosse funzionale alla Storia. Poi ho riverificato tutto il meccanismo, la cronologia, gli eventi, gli indizi e i riferimenti incrociati tra i due piani narrativi.

Quindi a storia conclusa ho fatto leggere e analizzare il manoscritto ad un gruppo ristretto di lettori, amici, critici e consulenti tecnici. Tra fine Marzo e inizio Aprile ho avuto i feedback di ritorno e mi sono rimesso al lavoro, Limare, rivedere, correggere, affinare. E infine il triplo giro di rilettura a caccia di piccoli refusi, errori di battitura che il correttore ortografico non intercetta e l’occhio non vede più. Ora è vero. La storia è conclusa. Il libro è finito!

Se mi riguardo indietro sono occorsi quattro anni. Incredibile. Per NON TI SVEGLIARE ne avevo impiegati tra i due e mezzo e tre. In realtà è stato un impegno scostante, ho avuto lunghi periodi di fermo, in cui la storia stava lì a decantare ed aspettarmi. Nel frattempo è successo un po’ di tutto. Ho collaborato a Nero per Nove (Delmiglio Editore), dedicandomi con passione alla sua promozione, per una serie di circostanze ho cambiato lavoro, sono uscito con la raccolta IN UN BATTITO DI CIGLIA (che da quelle circostanze prende abbrivio), dopo cinque anni da longseller con la mia casa editrice (CIESSE Edizioni) ho deciso di provare la via della pubblicazione indipendente, ho rifatto completamente il sito, mio figlio più piccolo (immortalato bambino nella foto del 1° capitolo) dalle elementari è arrivato al liceo (e leggendo il manoscritto è riuscito a pescarmi un errore, grrr)… Insomma, quattro anni intensi, con una storia a doppio intreccio che mi ha accompagnato notte dopo notte. O quasi.

I capitoli a storia conclusa sono 62, quindi nel progetto 1=1 c’è un buco di trenta foto. Mi dispiace, ma non sono riuscito a tenere il passo. Il tempo libero che ho resta poco, da dividere con la famiglia, quindi o scrivevo o mi dedicavo a fotografia e al blog. Ad un certo punto bisogna avere il coraggio di rinunciare. E così ho fatto. Un po’ di foto sull’hard disk ci sarebbero, quindi potrei colmare il vuoto a ritroso… Ma ora c’è da organizzare il lancio del nuovo libro, ho davanti un paio di settimane piene prima del grande evento, quindi…

Ah, come dite? Il titolo? La copertina? La storia? Eh, un po’ alla volta. Intanto guardatevi questa foto, l’ultima della serie. Ma ne riparleremo a breve, ve lo assicuro.

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e sostenuto fin qui (tanti, veramente tanti, è incredibile…).

Capitolo 29 – Cosa fai con quel coltello?

Capitolo-29-un coltello alla psycho
Sony A7 con Zeiss Sonnar FE 35 – 1/125 f4.0 ISO100 RAW

 “La donna ha il cellulare attaccato a un orecchio. Parla ad alta voce e tiene gli occhi bassi, immersa in chissà quale mondo dall’altra parte della linea. Sembra del tutto inconsapevole di quello che il suo corpo sembra esprimere da questa parte della conversazione.”

Questa storia continua con una foto “punta e scatta”, rubata al volo in un paesetto nell’interno di Karpatos, l’isola greca delle nostre vacanze estive 2014. In mezzo al dedalo di viuzze bianche una donna affacciata all’uscio di casa, parla al telefono incurante di tutto e senza rendersi conto di avere un coltello in mano, uno di quelli alla “Psycho”.  Ho girato la macchina e scattato “a naso”, confidando negli automatismi della A7, confesso che non ho proprio avuto il coraggio di fermarmi, inquadrare con calma e regolare l’esposizione 😉 .

La scena mi è rimasta in mente e qualcosa ha iniziato a lavorare per conto suo nella mia immaginazione. Fino a quando questa foto ha portato sulle pagine del Capitolo 29 un dettaglio, che per Rubens Gatto sarà di ispirazione per un cambio di passo importante. Ma cosa sta succedendo allora in questo nuovo libro?

Eh, sapesssi, sapessi, amore mio…

Serata noir a Ravenna

Presentazione di NERO PER N9VE in Feltrinelli Ravenna

 
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Fotoalbum: NERO PER N9VE Libreria Mazzai

4 Luglio 14: la presentazione di NERO PER N9VE ai “Venerdì di Luglio” di Lonigo in Libreria Mazzai

 

 
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Capitolo 25 – Alla ricerca di indizi

Capitolo-25
Sony A7 con Konica-Minolta 17-35 + LA-EA4 – 1/60 f13 ISO320 RAW

“Rami spogli si protendono dal basso verso un cielo metallico, come una selva di mani. Celeste decide di scendere dopo per quel sentiero, ora è opportuno che prosegua fino in fondo alla strada che ha preso.”

Un capitolo scritto su doppio livello, alternando l’investigatore Celestino Maculan a Rubens Gatto. Per una dozzina di pagine, i piani narrativi del libro salgono quindi a tre! Questo modo di scrivere mi affascina non poco, come potete capire. Anche LA MISURA DEL GIRO, il racconto per NERO PER N9VE è scritto così. Se non fosse che per i lettori sarebbe stato complesso seguire la vicenda, la mia primissima idea era scrivere questo romanzo interamente su tre livelli. Poi ho desistito, ma almeno un capitoletto ora me lo sono concesso.

Rubens Gatto soffre di un momento di impasse ed è Celestino Maculan a portare avanti l’azione, alla ricerca di indizi che possano risolvere l’enigma della scomparsa di GiLù. Troverà qualcosa, certo, ma completamente diverso da quello che entrambi si aspettavano e saranno costretti a rimettere in gioco di nuovo tutto.

Ho scattato questa foto un paio di mesi fa, durante uno dei miei giri in MTB tra le nostre colline. Da quando mi sono costruito una borsa da manubrio imbottita mi porto spesso dietro la A7, il problema è che continuo a fermarmi per scattare, perdo il senso del tempo e impiego ore per fare solo qualche decina di km…

Borsa fotografica (fai da te) per MTB – Bici

SONY DSC italiano Le uscite in MTB del fine settimana sono per me da sempre l’occasione per qualche scatto (o meglio, la macchina fotografica è la scusa giusta per fermarmi di tanto in tanto).

Se la NEX5 con il 16mm la potevo più o meno infilare in tasca, la Sony A7 (con magari un secondo obiettivo) ha bisogno di qualcosa di più serio.

Ho preso una sacca anteriore per manubrio da Decathlon, (qui) a un prezzo interessante. Capiente quello che serve, semirigida, si fissa al manubrio con due cinghie di velcro, permettendo di montarla rapidamente solo quando serve (ecco, magari non la uso in gara o in downhill)

SONY DSC

Certo, l’idea di infilarci dentro la A7 e lasciarla là a sbatacchiare, magari in discesa sullo sconnesso a 45 km/h brrrr… .

In casa avevo degli imballaggi per schede elettroniche, residuo di un intervento di riparazione sulla lavastoviglie. Con forbici e cucitrice ho modellato il supporto in cartone sulla forma interna della sacca e ho creato un divisorio tra corpo macchina e secondo obiettivo.

Il risultato è quello che vedete nelle foto, la preziosa Sony A7 perfettamente avvolta nella gommapiuma bugnata e rapidamente raggiungibile durante l’uscita in MTB. Un’unica raccomandazione: dopo aver riposto la macchina fotografica chiudete sempre la cerniera della sacca, per evitare che un sobbalzo particolarmente energico (o una caduta) la possa far volare fuori.

SONY DSC inglese In my MTB tours in the week-end I’m always used to bring with me my camera (for shooting or better, for stopping time to time). My old NEX5 + 16mm can stay in a pocket, but new Sony A7 requires something more serious.

I found a handlebar bag at Dacathlon (here), cheap, large enough, semi-rigid. It attaches to the handlebars with two velcro straps, allowing you to quickly mount it only when you need it (well, maybe not use it for racing or downhill).

At home I had some packaging of electronic boards, remains of a repair on the dishwasher. With scissors and stapler I modeled the cardboard support on the internal shape of the bag and I created a divider between the camera body and the second lens.

SONY DSC

The result is what you see in the photos, the precious Sony A7 perfectly wrapped in embossed foam and quickly reachable during the MTB tour. Just a recommendation: after placing inside the camera always close the zip of the bag, to avoid that a jump (or a fall) can fly it out.

Capitolo 22 – La storia (scritta) prende vantaggio.

Capitolo-22
Sony A7 con Zeiss Planar 2/45 – 1/1500 F2.8 ISO 100 – RAW

“Ricordavo che quello che cercavo era in direzione della chiesetta del Drago, appeso a dei tralci di vite con del fil di ferro. Dopo pochi minuti tornai fuori sullo spiazzo in cemento con un bidoncino di latta. Era tutto arrugginito e senza coperchio, ma ancora intero, con una forma cilindrica abbastanza regolare. Mi guardai intorno, poi lo piazzai rovesciato quasi al centro della corte. Raccolsi una scheggia di mattone, contai tre passi dal bidoncino e su quel diametro col mattone tracciai a terra un cerchio tutto attorno.”

Sono di nuovo qui, con un sorriso sornione davanti alla tastiera. Questa volta l’ho combinata grossa, la storia si è complicata non di poco. Eheheheh. Ho dovuto però far prendere un po’ di vantaggio alla storia scritta sulla storia fotografica. La seconda aveva iniziato a condizionare la prima e non era un bene. L’obiettivo finale di tutto questo lavoro è un nuovo legal thriller, che sia avvincente, complesso e teso almeno quanto NON TI SVEGLIARE. Le foto già pubblicate mi stavano impedendo di ricombinare in piena libertà quanto già steso. C’erano parti che volevo tagliare o rifare, ma quelle foto in 1=1 erano lì a scandire una sequenza ormai scolpita nella roccia.

Poco male, ho cambiato tutto. Dimenticate l’ordine dei capitoli che avete visto, dimenticate quello che vi ho raccontato fino ad ora. Non è più vero niente. Forse. Comunque adesso il meccanismo fila perfettamente, come una Beretta Calibro 9 appena oliata, devo solo riuscire a trovare il tempo di scrivere, scrivere, scrivere.

Ho scattato questa foto stamattina. Finalmente sabato, finalmente una giornata splendida dopo una settimana di pioggia e nebbia. Finalmente un giro in MTB e tempo per scattare con la mia nuova A7. Quel bidoncino appeso in mezzo ai campi sembrava chiamarmi, voleva proprio finire in mano al mio protagonista.

Capitolo 21 – Perfetto, di nuovo nebbia.

Capitolo-21
Sony NEX5 con Zeiss Sonnar 24 – 1/200 f2 ISO200 RAW

“Perfetto, di nuovo nebbia, Rubens si sente dentro una provetta. Lo sguardo racchiuso da vetro appannato, in un’ampolla personale di bianco e nero. Una colonna d’auto è in centrifuga lenta davanti a lui, le luci di posizione come gocce di sangue in sospensione. Supera piano un motociclo che viaggia in equilibrio sulla linea della banchina, una monorotaia candida sospesa su un precipizio di bitume. È in quella terra di nessuno tra campagna e città, quel bagnasciuga tra antico e moderno che a poco a poco ha eroso tutta la terra veneta. Su un lato la sagoma a doppia elica di un vigneto a basso grado, sull’altro le geometrie elementari di capannoni in cemento.”

Sto scrivendo come un forsennato in questi giorni di vacanza, per recuperare il ritardo accumulato negli ultimi mesi e mi fermo un momento giusto per aggiornare questo progetto. Ho scattato e “sviluppato” in B/N questa foto quasi un anno fa, ma solo ora è venuto il momento di utilizzarla. Sapevo che mi sarebbe servita, la nebbia è un elemento ricorrente nella mia scrittura, anche se non ne so dire esattamente la ragione. Sia chiaro, non è simbolica, per nulla (del genere, la nebbia che cela il mistero, bleah!), è meramente ambientale. Forse perché mi ci trovo a mio agio, ci so guidare dentro senza problemi, mi piace sentirla pungere sul volto, ne apprezzo il profumo di cordame bagnato, adoro il modo in cui i suoni si propagano da lontano. Mi piace, forse l’ho già detto, perché lascia spazio all’immaginazione.

E’ una mattina di nebbia quella in cui Rubens Gatto si reca in carcere per l’udienza di convalida del suo assistito. Non sa ancora che gli eventi stanno precipitando, è convinto di poter avere un ruolo attivo e ribaltare la situazione per il suo cliente, ma le cose stanno per prendere una piega ben diversa da quello che pensava.

 

Capitolo 14. Una trappola nel mare d’erba.

Capitolo-14
Sony NEX-5 con Zeiss Planar 45mm – 1/2500 f/2.8 ISO 200 RAW – 16:9

Mi fermai un paio di metri prima che l’erba finisse, prima dello spiazzo di cemento. E adesso? Rimasi in ascolto, scrutando tra gli steli verdi e oro. Lo stridio dei grilli e delle cicale pulsava a tempo col mio cuore. Una brezza leggera faceva fremere di tanto in tanto le spighe di semi non ancora mature. Mi avvicinai un po’ di più allo spiazzo. Era una trappola, lo sentivo.

Niente nebbia finalmente. Né nel testo, né nelle foto, né fuori. Quando ho iniziato a scrivere questo livello della storia era inverno profondo e confesso che ho avuto qualche difficoltà a immaginare un fine maggio stranamente afoso. Problemi di memoria, soprattutto (sì, l’età…). Difficile ricordare quelle piccole cose che quand’è il momento di viverle non si notano, ma diventano fondamentali quando c’è da portare una storia sulla carta. Di che colore sono gli steli d’erba a inizio giugno? In che periodo del mese matura il grano? Quand’è che si inizia a sentire la pressione del sole sulla pelle?

Ho scattato questa immagine sull’argine del fiume che passa dietro casa, lo stesso corso d’acqua che compare nella prima foto di questo progetto e con lo stesso “volontario” (ovvero, l’unico dei miei figli ancora disposto a farsi fotografare). Mi impressiona vedere come il tempo stia scorrendo, più velocemente di quanto io riesca a scrivere, ma mi dà un senso di calore il rendermi conto che la storia sta crescendo attorno ai luoghi dove vivo.

Il 16:9 è un formato che uso raramente, troppo “televisivo”, ma qui mi sembra appropriato. Il mio piccolo protagonista è infatti rimasto solo in questo capitolo. Solo in un luogo isolato, dentro un mare d’erba e alle prese con un mistero che inizia a farsi sempre più intricato. Riuscirà a venirne fuori?

Capitolo 10. La chiesetta del Drago.

Capitolo-10
Sony NEX-5 con 16mm – 1/500 f/5 ISO 200 RAW

L’interno della chiesetta era completamente devastato, uno sfacelo di calcinacci, assi di legno, vetri fracassati, quadri a terra, ex voto e candele sparpagliate ovunque. Una coperta di polvere ammantava tutto: i pochi banchi, gli inginocchiatoi, gli altari laterali e quel che restava di un portacandele. Il sole del pomeriggio entrava di sbieco dal tetto squarciato e rendeva il tutto ancor più irreale. Dalla penombra appena fuori il cono di luce, qualcosa sembrava osservaci. Quando mi resi conto che era il volto di un bambino, mi abbassai di scatto. – C’è qualcuno!

La foto forse tecnicamente non è tra le più riuscite della serie, ma la inserisco per una ragione particolare. Quella nel testo è la “chiesetta del Drago“, un altro dei luoghi chiave del libro. Così come descritta esiste solo nella mia fantasia, è più che altro un insieme di posti  attraverso cui sono passato.

Lo sfacelo è quello che si parò davanti ai miei occhi nella piccola chiesa di San Luigi nel maggio del ’76. Non avevo nemmeno dieci anni, ci capitai davanti in bici per caso (era proprio accanto alla biblioteca, dove andavo quasi tutti i pomeriggi). La porta era spalancata, cosa strana perché quella chiesa era sempre chiusa e mi ci affacciai. Quel disastro è impresso a fuoco nella mia memoria e rivive lungo tutto il capitolo.

Il nome, chiesetta del Drago, si ispira invece a quello di un piccolo edificio religioso che c’era in paese, dedicato a San Giorgio. Anche questo era sempre chiuso, ma sbirciando da una finestrella si poteva vedere all’interno una zanna appesa ad un trave. La tradizione voleva che fosse proprio uno dei denti del Drago di San Giorgio e avesse particolari poteri.

Forma, dimensioni e costruzione sono però quelle di una chiesetta trovata nel nulla di un’isola greca due anni fa, all’interno di una fortezza veneziana completamente in rovina (e lontana dagli itinerari turistici). Con il sole a picco del mezzogiorno e il caldo opprimente di Agosto i più piccoli del gruppo si erano fatti lamentosi ed io, per distrarli, avevo chiesto loro di farmi da soggetto per un po’ di foto con la mia NEX nuova.

E proprio lì, iniziai a pensare di inserire nella storia tre ragazzini che entravano in una chiesetta sfasciata dalla scossa di terremoto e….

Capitolo 9. Rubens Gatto, avvocato penalista.

Capitolo-9
Sony NEX-5 con Zeiss Planar 45mm – 1/30 f/2 ISO 400 RAW

“Sarà una giornata lunga. L’udienza conclusiva, la requisitoria che consegna quattro anni di lavoro nelle mani del Giudice, in quel limbo di tempo inquieto prima del verdetto. E già oggi daccapo con un nuovo interrogatorio. Perché se anche quell’uomo non si consegna subito, lo prenderanno. È solo questione di ore. A quel punto toccherà a lui, Rubens, correre: in carcere, caserma, questura, ovunque sarà. Sì, lo aspetta una giornata lunga. Afferra la sua borsa in cuoio ed esce.”

Capitolo nove, finalmente è di scena Rubens Gatto, avvocato penalista. Sì, è proprio lui, il “mio” protagonista di NON TI SVEGLIARE, che qui ritorna con un caso ancora più complesso e struggente. L’ho detto sin dall’inizio, dalla prima presentazione di NON TI SVEGLIARE (a proposito, è iniziato lo Spring Tour 2013, date un”occhiata alle date, se siete in zona fate un salto 🙂 ) l’idea è sempre stata quella di creare un personaggio “seriale”, che potesse ritornare in romanzi successivi ed evolvere anche nella sua vicenda personale e umana.

E quale immagine può rappresentare un avvocato, se non la classica borsa in cuoio da legale? Nella foto, quella che faccio impugnare a Rubens tutti i giorni, come un’arma bianca. Ha oltre vent’anni, è sformata, strisciata, il manico ricucito più volte, ma ci sono particolarmente affezionato e la uso ancora: è il regalo di Laura per la mia laurea.

Ad esser precisi, Rubens Gatto è già comparso nei capitoli precedenti. Una serie di minuscoli dettagli, indizi, piccoli spot che ne hanno preparato l’arrivo. Tuttavia, l”ingresso in scena è particolare. Non in aula, non a fianco di un cliente davanti al PM, ma in una  notte insonne. Pensieri che gli entrano in testa come in una rapina in villa e Rubens che inizia a vagare nella sua casa, con il bisogno di ascoltare musica. Un po’ come le notti insonni che capitano a me ogni tanto. Un pizzico di stress da lavoro, una manciata di preoccupazioni per i figli, una spolverata di ansia per il nostro futuro e mi ritrovo là ad osservare il buio. La cosa migliore, a quel punto, per me è alzarsi e scrivere un po’. Ed è esattamente così che ho chiuso anche questo capitolo.

 

Capitolo 8 – Un grande albero con la chioma mezza secca

Capitolo-8
Sony NEX-5 con Zeiss Planar 45mm – 1/4000 f/2 ISO 200 RAW

In quel momento stavo guardando proprio l’albero con la chioma mezza secca e quelle parole si conficcarono da qualche parte nel mio cervello come punte di spillo. Mi scostai bruscamente dalla fessura, come se qualcuno mi avesse improvvisamente infilato un dito in un occhio.

Giusto sulla strada che faccio per tornare a casa, fino ad alcuni anni fa c’era una vecchia casa ricoperta di vegetazione. Ogni giorno svoltavo in una viuzza stretta tra alcuni edifici e un alto muro di pietre. Dietro il muro, alto almeno tre metri, si intravedeva il tetto di un rudere abbandonato, asfissiato da una vegetazione incolta e con la facciata ricoperta dai rampicanti. Ci sono passato davanti per anni, almeno due volte al giorno, senza notare niente di particolare. Quella casa e il verde che la inglobava faceva parte dello skyline della mia vita. 

Poi, un giorno qualcosa è cambiato. Forse un’eredità, un passaggio di proprietà e sono arrivate pale e ruspe. In pochi giorni hanno abbattuto il muro di cinta, spianato il rudere e ripulito il terreno. Dal nulla ho visto comparire un albero, un enorme albero che negli anni non avevo mai notato, per come era stato fagocitato dai rampicanti. Aveva la chioma secca su un lato, come quelle capigliature con un ciuffo stranamente bianco. E’ rimasto lì qualche giorno, accanto ai cumuli di detriti, a farsi rimirare da bambini e automobilisti. Poi è stato abbattuto e fatto a pezzi. La notizia è rimbalzata perfino sui giornali: è saltato fuori che quello era uno dei grandi alberi censiti nella provincia di Vicenza, protetto da una legge regionale e non avrebbe potuto fare quella fine. Ma le esigenze del business e dell’edilizia selvaggia ancora una volta avevano prevalso. E poi, ormai, a posteriori era rimasto ben poco da fare. Per compensare, hanno costruito un bel casermone con appartamenti e negozi e stop.

Quel grande albero con la chioma mezza secca mi è rimasto lì, come un boccone di traverso al cuore. Per la fine che ha fatto o perché io non ero stato capace di notare una cosa così enorme per anni. Ho deciso di farlo rivivere ora nella mia storia e anzi, farlo diventare il perno attorno cui la vicenda inizia a complicarsi. E’ una piccola stupida cosa, è vero, ma cosa volete farci, è proprio il genere di stupide cose a cui non resisto.

Capitolo 7. Oltre c’è solo nero.

Capitolo-7
Sony Nex-5 con Zeiss Sonnar 24mm – 1/60 f/1.8 ISO1600 RAW

“Ha bisogno di aria, esce. Un freddo madido le arriva in faccia. Il tempo è cambiato più rapidamente di quanto previsto, il piazzale è ora fradicio. Osserva le gocce nel controluce furioso di un faro lasciato a presidiare la notte. Dalle sue spalle arrivano i rumori delle squadre rientrate, ma lì davanti non c’è nulla. Il mondo finisce ai margini di quel cono di luce, oltre c’è solo nero.”

Un altro capitolo complesso da scrivere, per due ragioni molto diverse.

Innanzitutto ho dovuto documentarmi a fondo su procedure, prassi e attività che vengono (o dovrebbero essere) svolte in queste particolari situazioni di emergenza. Volevo verosimiglianza, attenermi il più possibile allo svolgimento di fatti reali, a quello che succede in una cittadina quando la routine viene sconvolta da un fatto simile. Ho letto articoli, norme, procedure operative e parlato con diversi operatori del settore. Ho scoperto che l’allarme sociale suscitato da eventi come quello che sto narrando è tale da aver portato all’istituzione perfino di uno specifico Commissario Straordinario del Governo. Ho appreso dell’impegno a vari livelli di moltissimi altri attori, che nemmeno immaginavo: dagli Uffici Territoriali del governo alle numerose associazioni di volontariato, dalle Forze dell’Ordine ai Servizi Sociali.

In secondo luogo, il trovarmi di fronte a fatti reali, il leggere o sentir raccontare di storie vere ha fatto vacillare la mia determinazione. Mi sono bloccato, ho smesso di scrivere. Ogni volta che riaprivo il file lo stomaco mi si serrava. Come posso costruire un’opera di fantasia su un argomento del genere? Queste cose succedono. Succedono davvero. Sconvolgono le vite di persone, di gente normale, come me. E io? Io sto costruendo un racconto, una storia, attorno a questo. E’ giusto? Perché lo faccio? Per il solo diletto di creare un intreccio, di giocare a trova l’indizio con il lettore? O c’è qualcos’altro?

Ero in questo stato d’animo quando lunedì sera, appena prima di cena, sono tornato dal lavoro e mi sono fermato a riprendere il più piccolo dall’allenamento di basket. Mentre attendevo davanti alla palestra, fuori nel piazzale infuriava una pioggia gelida, densa quasi come nevischio. Sono uscito, a farmi arrivare in faccia quel freddo madido. Sono rimasto lì, a pensare e lasciarmi sferzare. Dopo un po’ ho deciso che nella mia storia sì, come già in NON TI SVEGLIARE c’era altro, molto altro: l’avrei portata fino in fondo. E , per sancire la cosa, l’avrei collocata proprio in quel piazzale. Ho tirato fuori la NEX e ho scattato.

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