NON TI SVEGLIARE – Una recensione a tradimento

Recensione prof. Nicoletta Nicolin Tonelato

Avevo chiesto alla più nota, entusiasta e severa docente di Liceo Classico del Basso Vicentino di intervenire alla mia prima presentazione pubblica di NON TI SVEGLIARE.  Prima di accettare, ha voluto ovviamente leggere il libro. E poi, “a tradimento”, mi ha messo nero su bianco quello che pensava della mia fatica.

Questo è il suo giudizio, in origine scritto solo per me, ma che io ora, altrettanto “a tradimento” faccio vedere a tutti:

“Non ci sono più le nebbie di una volta, quelle di quando ti toccava smontare dalla macchina per trovare la strada che portava al portone di casa, che non si alzavano per otto giorni, ma se andavi al Botteghino,  prendevi il caffè al sole e le punte dei colli sembravano atolli nell’ oceano, di nebbia si intende. L’ inizio e un bel pezzo del romanzo è così: la nebbia avviluppa e copre le cose  al punto da paralizzare o comunque frenare ogni slancio vitale; solo la corsa incomprensibile e demenziale dell’ auto si fa beffe  del muro lattiginoso, coinvolgendo il lettore nei sempre più azzardati sorpassi fino a sfinirlo, così che l’esito scontato e tragico quasi lo solleva. Per tutto il libro ci si muove dentro un’ atmosfera densa e molto pesante da respirare, che grava assieme alla vita di Rubens, l’avvocato-indagatore, che stenta a decollare nella sua realizzazione professionale e affettiva. Questo molto credibile avvocato non diventa mai super eroe, è inseguito dai dubbi, patisce normali delusioni e sembra spesso finire in vicoli senza uscita,dai quali sono la sua intelligenza e sensibilità a trovare il varco. Non ha alleati, si muove in una vicentinità che non conosce più bellezza, che puzza di marcio e imbecillità; per questo la figura  di Celeste, detective simenoniano suo complice, riscalda le pagine e ci rincuora con un po’ di simpatia. Il protagonista non  ha intorno persone cordiali e i già scarni rapporti coi colleghi naufragano  assieme al suo prestigio professionale quando  il tirannico capo del mega studio legale  lo espelle, travolgendolo di contumelie che sarebbe stato divertente sentire nella tragicomica esagerazione. Ho imparato molto sui nuovi ambiti legali e sulle tecniche che governano i rapporti interpersonali, come il metodo L.E.A.L.T.A.  Ho condiviso certe critiche alla trasformazione-deformazione del territorio e molta severità di giudizi sulla società presa in analisi. Ho riconosciuto Monteforte, Soave ( senza alcuna concessione alla sua grazia, possibile?),la trattoria Castello di Sorio, Severino.

Lo scrittore presuppone un lettore colto, versatile, analitico, paziente nell’attesa di un’apertura, appassionato di musica anni ’80, di anatomia, di diritto e di edilizia, perché tutto concorre ed è funzionale alla soluzione.

Interrompendo la sequenza narrativa e spiazzando non poco il lettore, corre in parallelo una storia di vecchie amicizie, partite da una adolescenza cameratesca infarcita di musica e moto e poi dissolte nei pantani dell’ esistenza.  Questo fluviale memoriale in corsivo è un romanzo nel romanzo, che si interseca con le ricerche  e sembra andare per conto suo nello scandagliare la vita di provincia e i miti che orientavano quelle giovinezze. Fino all’ ultimo non si sa chi sia questo soggetto che si racconta per un tempo lentissimo e si approfitta di poliziotti  o carabinieri santi subito.  A sprazzi, la Lonigo delle corse di speedway  dei complessini musicali, delle strade sui colli, del Circolo, occhieggia ma rimane un fondale senza sole e scialbi colori. In questo libro non viene mai estate, il mondo sembra  desolato come la mente  lucidissima eppure ottenebrata del pluriomicida.

Lo  stile del libro è analitico, minuzioso e nel primo capitolo  fa  vivere dall’ interno una stranissima sensazione corporea della vittima che soltanto nella tecnicissima spiegazione del medico  troverà giustificazione e renderà preziosi i virtuosismi descrittivi   che  ci permettono di capire  la criminale e patologica raffinatezza dell’ assassino. L’ autore è uno scaltro tessitore di trame contorte che solo alla fine  si collegano, componendo uno scenario convincente.

Eleganti e raffinati gli incipit dei capitoli  20 e 23. Proprio perché il materiale è abbondante di informazioni, particolari eruditi, formazione musicale da iniziati, risvolti legali sapienti, sarebbe stata auspicabile una potatura severa, una autoriduzione delle minuzie non imprescindibili affinchè risaltassero gli elementi più significativi e gli snodi fondamentali del divenire della storia. Però l’ autore ama Joyce, il flusso di coscienza, la frantumazione dei movimenti, il catalogo degli oggetti e il  riverbero  dei pensieri  in arabeschi complicati e siccome il libro è suo, fa bene.”