Capitolo 18. Aspetta che passi.

Capitolo-18
Sony A700 + Zeiss Vario Sonnar 16-80 – 1/60 F/4 ISO 200 – RAW

“Un rumore assordante fece tremare l’aria, i rami, l’albero e tutto il mio corpo. Il cuore mi saltò in gola e mi avvinghiai stretto al ramo, sentii la corteccia conficcarsi nella pelle. Il sole venne inghiottito da una mano nera e il mondo si oscurò. Nuvole nere ribollivano sopra la mia testa, si diffondevano veloci come inchiostro nell’acqua. Un secondo tuono scoccò lì vicino. Percepii il lampo di luce e l’odore di ozono, l’aria tremò di nuovo e il rimbombo mi entrò nelle ossa. Poi iniziarono le gocce. Mi rizzai a sedere, la maglietta che si punteggiava di macchie, dovevo scendere alla svelta. Sapevo bene quale era la cosa più stupida da fare durante un temporale e in quel momento c’ero addirittura sopra.”

C’è poco da fare, quella che ho alle spalle (spero) è una lunga, maledetta, battuta d’arresto. Imprevista, non voluta, che detesto. Non so dire cosa sia stato, ma non sono più riuscito a proseguire. Un po’ la storia, forse. Che come epilogo non mi convinceva ancora del tutto e quando è stata l’ora di imboccare una o l’altra strada che avrebbe portato la narrazione in un evolversi di eventi ben preciso mi sono bloccato. Qual’era la direzione giusta? Cos’era che volevo raccontare? Perché mi ero imbarcato in quella precisa storia, tra le tante che avevo in mente?

O forse le difficoltà che ancora incontro nel promuovere e far conoscere il mio primo libro. Perché quando lo propongo mi trovo a cozzare contro un muro di indifferenza? Perché incontro tanta diffidenza quando cerco di organizzare (senza costi per altri) una presentazione, un evento? Perché il mio libro è difficile da trovare sugli scaffali delle librerie (provate a vedere in quella grande libreria in centro, sì proprio quella)? Tutti mi dicono che NON TI SVEGLIARE di strada in due anni e mezzo ne ha fatta tanta, ma è veramente tanta mi chiedo? Quattro edizioni, circa 5000 copie, ma veramente in Italia questo è un grande risultato? Perché questi numeri a me dicono un’altra cosa?

E quindi, la domanda di fondo: ha senso dedicarsi così tanto anima e corpo a un progetto che poi magari sarà ancora più difficile da far conoscere? Non è meglio passare le serate a leggere, ad ascoltar musica, a giocare coi figli o a stravaccarsi davanti alla TV? Invece di ostinarsi a fare notte fonda scrivendo storie che pochi leggeranno? Ecco, è un caso, ma la foto con cui riprendo questo percorso mi sembra appropriata. Il mio piccolo protagonista sa cosa fare, sa che deve mettersi al riparo e aspettare che il temporale passi. Forse devo solo imparare da lui.